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sembrava allargarsi ridente, col paese sull’altura, in fondo, di cui le finestre scintillavano.

— Lesti, lesti, ragazzi! sul ponte, andiamo! Guadagniamoci tutti la giornata... Mettetevi un po’ nei panni del padrone che vi paga!... L’osso del collo ci rimetto in quest’appalto!... Ci perdo diggià, come è vero Iddio!... Agostino! mi raccomando! l’occhio vivo!... La parola dolce e l’occhio vivo!... Mastro Cola, voi che siete capomastro!... chi vi ha insegnato a tenere il regolo in mano?... Maledetto voi! Mariano, dammi quassù il regolo, sul ponte.... Che non ne avete occhi, corpo del diavolo!... L’intonaco che screpola e sbulletta!... Mi toccherà poi sentire l’architetto, malannaggia a voialtri!... Quando torna quello del gesso ditegli il fatto suo, a quel figlio di mala femmina!... ditegli a Neli che sono del mestiere anch’io!... Che ne riparleremo poi sabato, al far dei conti!...

Badava a ogni cosa, girando di qua e di là, rovistando nei mucchi di tegole e di mattoni, saggiando i materiali, alzando il capo ad osservare il lavoro fatto, colla mano sugli occhi, nel gran sole che s’era messo allora. — Santo! Santo! portami qua la mula... Fagli almeno questo lavoro, a tuo fratello! — Agostino voleva trattenerlo a mangiare un boccone, poichè era quasi mezzogiorno, un sole che scottava, da prendere un malanno chi andava per la campagna a quell’ora. — No, no, devo passare dal Camemi... ci