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— Eh? Che cosa? — volle sapere don Ferdinando, il quale veniva dietro adagio adagio, contando i sassi.
— Nulla... Dicevamo che bella sera, cugino Trao!
L’altro guardò in aria, e ripetè come un pappagallo: — Bella sera! bella sera!
Don Gesualdo stava aspettando, lì davanti al portone, insieme al canonico Lupi che gli parlava sottovoce nella faccia: — Eh? eh? don Gesualdo?... che ve ne pare? — L’altro accennava col capo, lisciandosi il mento duro di barba colla grossa mano. — Una perla! una ragazza che non sa altro: casa e chiesa!... Economa... non vi costerà nulla... In casa non è avvezza a spender di certo!... Ma di buona famiglia!... Vi porterebbe il lustro in casa!... V’imparentate con tutta la nobiltà... L’avete visto, eh, stasera?... che festa v’hanno fatto?... I vostri affari andrebbero a gonfie vele... Anche per quell’affare delle terre comunali... È meglio aver l’appoggio di tutti i pezzi grossi!...
Don Gesualdo non rispose subito, sopra pensieri, a capo chino, seguendo passo passo donna Bianca che s’avviava a casa per la scalinata di Sant’Agata insieme allo zio marchese e al fratello don Ferdinando.
— Sì... sì.... Non dico di no.... È una cosa da pensarci... una cosa seria.... Temo d’imbarcarmi in un