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tremanti. Il cugino era così turbato anch’esso che seguitava a cercare il suo cappello lui pure. — Guarda, ce l’ho in testa! Non so nemmeno quello che fo.
Si guardò attorno come un ladro, mentre ciascuno cercava la sua roba in anticamera, e la tirò in disparte verso l’uscio
— Senti... per l’amor di Dio!... sii cauta!... Nessuno ne sa nulla.... Tuo fratello non sarà andato a raccontarlo.... Ed io neppure.... Sai che t’ho voluto bene più dell’anima mia!...
Essa non rispose verbo, gli occhi soli che parlavano, e dicevano tante cose.
— Non guardarmi con quella faccia, Bianca!... no!... non guardarmi così.... mi tradirei anch’io!...
Donna Fifì uscì col cappello e la mantiglia, stecchita, le labbra strette quasi fossero cucite; e siccome sua sorella, giovialona, si voltava a salutare Bianca, la richiamò con la voce stizzosa:
— Giovannina! andiamo! andiamo!
— Meno male questa qui! — borbottò il baronello.
— Ma sua sorella è un castigo di Dio.
La zia Sganci, accompagnando le Margarone sino all’uscio, disse a mastro-don Gesualdo che si sprofondava in inchini sul pianerottolo, a rischio di ruzzolare giù per la scala:
— Don Gesualdo, fate il favore.... Accompagnate i