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Già ho poco da vivere.... Rimandatemi a casa mia per fare la procura.... la donazione.... tutto ciò che vorrete.... Lì conosco il notaro.... so dove metter le mani.... Ma prima rimandatemi a casa mia.... Tutto quello che vorrete, poi!...
— Ah, babbo, babbo! — esclamò Isabella colle lagrime agli occhi.
Ma egli sentivasi morire di giorno in giorno. Non poteva più muoversi. Sembravagli che gli mancassero le forze d’alzarsi dal letto e andarsene via perchè gli toglievano il denaro, il sangue delle vene, per tenerlo sottomano, prigioniero. Sbuffava, smaniava, urlava di dolore e di collera. E poi ricadeva sfinito, minaccioso, colla schiuma alla bocca, sospettando di tutto, spiando prima le mani del cameriere se beveva un bicchiere d’acqua, guardando ciascuno negli occhi per scoprire la verità, per leggervi la sua sentenza, costretto a ricorrere agli artifizii per sapere qualcosa di quel che gli premeva.
— Chiamatemi quell’uomo dell’altra volta.... Portatemi le carte da firmare.... E’ giusto, ci ho pensato su. Bisogna incaricare qualcuno dei miei interessi, finchè guarisco....
Ma adesso coloro non avevano fretta; gli promettevano sempre, dall’oggi al domani. Lo stesso duca si strinse nelle spalle: come a dire che non serviva più. Un terrore più grande, più vicino, della morte