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stessa pantomima, ne afferrò uno per la falda, prima d’andarsene.

— Signor dottore, parlate con me! Sono io il malato, infine! Non sono un ragazzo. Voglio sapere di che si tratta, giacchè si giuoca sulla mia pelle!

Colui invece cominciò a fare una scenata col duca, quasi gli si fosse mancato di rispetto in casa sua. Ci volle del bello e del buono per calmarlo, e perchè non piantasse lì malato e malattia una volta per sempre. Don Gesualdo udì che gli dicevano sottovoce: — Compatitelo... Non conosce gli usi... È un uomo primitivo... nello stato di natura... — Sicchè il poveraccio dovette mandar giù tutto, e rivolgersi alla figliuola, per sapere qualche cosa.

— Che hanno detto i medici? Dimmi la verità?... È una malattia grave, di’?...

E come le vide gonfiare negli occhi le lagrime, malgrado che tentasse di cacciarle indietro, infuriò. Non voleva morire. Si sentiva un’energia disperata d’alzarsi e andarsene via da quella casa maledetta.

— Non dico per te... Hai fatto di tutto... Non mi manca nulla... Ma io non ci sono avvezzo, vedi... Mi par di soffocare qui dentro...

Neppur lei non ci stava bene in quella casa. Il cuore glielo diceva, al povero padre. Sembrava che fossero in perfetto accordo, marito e moglie; discorrevano cortesemente fra di loro, dinanzi ai domestici;