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— Me l’han messo lì... alle costole, capite!... Un’indecenza!

— Ah, è quello lo sposo! — domandò sottovoce donna Giuseppina Alòsi, cogli occhietti che sorridevano in mezzo al viso placido di luna piena.

— Zitto! zitto. Vado a vedere... — disse la Cirmena, e attraversò la sala — come un mare di luce nel vestito di raso giallo — per andare a fiutare che cosa si macchinasse nel balcone del vicoletto. Lì tutti sembravano sulle spine: la zia Macrì fingendo di guardare nella piazza, Bianca zitta in un cantuccio, e don Ferdinando solo che badava a godersi la festa, voltando il capo di qua e di là, senza dire una parola.

— Vi divertite qui, eh? Tu ti diverti, Bianca?

Don Ferdinando volse il capo infastidito; poi vedendo la cugina Cirmena, borbottò: — Ah... donna Sarina... buona sera! buona sera! — E tornò a voltarsi dall’altra parte. Bianca alzò gli occhi dolci ed umili sulla zia e non rispose; la Macrì abbozzò un sorriso discreto.

La Cirmena riprese subito, guardando don Gesualdo:

— Che caldo, eh? Si soffoca! C’è troppa gente questa volta.... La cugina Sganci ha invitato tutto il paese....

Mastro-don Gesualdo fece per tirarsi da banda.