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venuto il duca a spadroneggiare, non si erano fatti più vedere. Ma Nardo aveva voluto accompagnare il padrone sino alle ultime case del paese. In via della Masera si udì gridare: - Fermate! fermate! - E apparve Diodata, che voleva salutare don Gesualdo l’ultima volta, lì, davanti il suo uscio. Però, giunta vicino a lui, non seppe trovare le parole, e rimaneva colle mani allo sportello, accennando col capo.
- Ah, Diodata... Sei venuta a darmi il buon viaggio?... - disse lui. Essa fece segno di sì, di sì, cercando di sorridere, e gli occhi le si riempirono di lagrime.
- Povera Diodata! Tu sola ti rammenti del tuo padrone...
Affacciò il capo allo sportello, cercando forse degli altri, ma siccome pioveva lo tirò indietro subito.
- Guarda che fai!... sotto la pioggia... a capo scoperto!... È il tuo vizio antico! Ti rammenti, eh, ti rammenti?
- Sissignore, - rispose lei semplicemente, e continuava ad accompagnare le parole coi cenni del capo. - Sissignore, fate buon viaggio, vossignoria.
Si staccò pian piano dalla lettiga, quasi a malincuore, e tornò a casa, fermandosi sull’uscio, umile e triste. Don Gesualdo s’accorse allora di mastro Nardo che l’aveva seguìto sin lì, e mise mano alla tasca per regalargli qualche baiocco.