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A quell’uscita del canonico successe un altro battibecco fra loro due: — Io, eh?... Io!... Son io che ho promesso mari e monti?

— Per chetarli, in nome di Dio! Parole che si dicono, si sa! Avrei voluto vedervi, dinanzi a quelle facce scomunicate!

Il marchese si divertiva: — Senti senti! Guarda guarda!

— Insomma, — conchiuse Mèndola, — queste son chiacchiere, e bisogna pigliar tempo. Intanto voi levatevi di mezzo, causa causarum! In fondo a una cisterna, in un buco, dove diavolo volete, ma non è la maniera di compromettere tanti padri di famiglia, per causa vostra!

— In casa Trao! — suggerì il canonico. — Vostro cognato vi accoglierà a braccia aperte. Nessuno sa che c’è ancora lui al mondo, e non verranno a cercarvi sin lì. — Il marchese approvò anch’esso: — Benissimo. È una bella pensata! Cane e gatto chiusi insieme... — Don Gesualdo s’ostinava ad opporsi.

— Allora, — esclamò il canonico, — io me ne lavo le mani come Pilato. Anzi vado a chiamarvi Ciolla e tutti quanti, se volete!...

Don Gesualdo era ridotto in uno stato che di lui ne facevano quel che volevano. A due ore di notte, per certe stradicciuole fuori mano, andarono a svegliare Grazia che aveva la chiave del portone, e al