Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/481


— 473 —

bisogna lasciarle incominciare neppure per ischerzo, capite? Neppure a un nemico mortale! Se coloro che sinora si sfogano a gridare, pigliano gusto anche a metter mano nella roba altrui, siamo fritti!

Il canonico era addirittura fuori della grazia di Dio. Gli altri davano addosso ancor essi su quella bestia testarda di mastro-don Gesualdo che risicava di comprometterli tutti quanti; lo mettevano in mezzo; lo spingevano verso il muro; gli rinfacciavano l’ingratitudine; lo stordivano. Il barone Zacco arrivò a passargli un braccio al collo, in confidenza, confessandogli all’orecchio ch’era con lui, contro la canaglia; ma pel momento ci voleva prudenza, lasciar correre, chinare il capo. — Dite di sì... tutto quello che vogliono, adesso.... Non c’è lì il notaio per mettere in carta le vostre promesse.... Un po’ di maniera, un po’ di denaro.... Meglio dolor di borsa che dolor di pancia....

Don Gesualdo, seduto su di una seggiola, asciugandosi il sudore colla manica della camicia, non diceva più nulla, stralunato. Giù al portone intanto il barone Rubiera, don Nicolino, il figlio di Neri, si sbracciavano a calmare i più riottosi.

— Signori miei.... Avete ragione.... Si farà tutto quello che volete.... Abbiamo la bocca per mangiare tutti quanti.... Viva! viva!... Tutti fratelli!... Una mano lava l’altra.... Domani.... alla luce del sole. Chi