Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 465 — |
Marito e moglie si guardarono negli occhi.
— Son padre di famiglia! — tornò a dire il barone. — Devo difendere i miei interessi... Scusate... Se giochiamo a darci il gambetto fra di noi!...
Donna Giuseppina prese la parola lei, scandolezzata:
— Ma che discorsi son questi?... Scusatemi piuttosto se metto bocca nei vostri affari. Ma infine siamo parenti...
— Questo dico io. Siamo parenti! Ed è meglio stare uniti fra di noi... di questi tempi!...
Don Ninì gli stese la mano: — Che diavolo!... che sciocchezze!... — Quindi si sbottonò completamente, guardando ogni tanto sua moglie: — Venite in teatro questa sera, per la cantata dell’inno. Fatevi vedere insieme a noialtri. Ci sarà anche il canonico. Dice che non fa peccato, perchè è l’inno del papa... Discorreremo poi... Bisogna metter mano alla tasca, amico mio. Bisogna spendere e regalare. Vedete io?
E agitava in aria le chiavi della cantina. La vecchia, che non aveva perduto una parola di tutto il discorso, sebbene nessuno badasse a lei, si mise a grugnire in una collera ostinata di bambina, gonfiando apposta le vene del collo per diventar pavonazza in viso. Ricominciò il baccano: nuora e figliuolo la sgridavano a un tempo; lei cercava di urlar più forte, agitando la testa furibonda. Accorse