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metterli d’accordo, e la baronessa fuori di sè, che ne diceva di tutti i colori. Poscia vedendo passare il cugino Trao, il quale se ne andava colla coda fra le gambe, la testa infossata nelle spalle, barcollando, lo fermò sull’uscio, cambiando a un tratto viso e maniere:

— Sentite, sentite... l’aggiusteremo fra di noi questa faccenda... Infine cos’è stato?... Niente di male, ne son certa. Una ragazza col timor di Dio... La cosa rimarrà fra voi e me... l’accomoderemo fra di noi... Vi aiuterò anch’io, don Diego... Sono madre... son cristiana... La mariteremo a un galantuomo...

Don Diego scosse il capo amaramente, avvilito, barcollando come un ubbriaco nell’andarsene.

— Sì, sì, le troveremo un galantuomo... Vi aiuterò anch’io come posso... Pazienza!... Farò un sagrificio...

Egli a quelle parole si fermò, cogli occhi spalancati, tutto tremante: — Voi!... cugina Rubiera!... No!... no!... Questo non può essere...

In quel momento veniva dal magazzino il sensale, bianco di pula, duro, perfino nella barba che gli tingeva di nero il viso anche quand’era fatta di fresco: gli occhietti grigi come due tarì d’argento, sotto le sopracciglia aggrottate dal continuo stare al sole e al vento in campagna.

— Bacio le mani, signora baronessa.