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— Eh? Che c’è?
Il finimondo c’era! Don Gesualdo rimase colla chicchera in mano. S’udì in quel punto una forte scampanellata all’uscio, e Zacco corse a vedere. Dopo un momento sporse il capo dall’uscio dell’anticamera, e chiamò a voce alta:
— Marchese! Marchese Limòli!
Rimasero a discutere sottovoce nell’altra stanza. Pareva che il barone mettesse buone parole con un terzo che era arrivato allora, e il marchese andasse scaldandosi. — No! no! è una porcheria! — In quella rientrò Zacco, solo, col viso acceso.
— Sentite, don Gesualdo!... Un momento... una parolina...
La folla era giunta lì, sotto la casa; si vedeva la bandiera all’altezza del balcone, quasi volesse entrare. Si udivano degli urli: viva, morte.
— Un momento! — esclamò allora Zacco, mettendo da parte ogni riguardo. — Affacciatevi un momento, don Gesualdo! Fatevi vedere, se no succede qualche diavolo!...
C’era il canonico Lupi, che portava il ritratto di Pio Nono, il baronello Rubiera, giallo come un morto, sventolando il fazzoletto, tant’altra gente, tutti gridando:
— Viva!... abbasso!... morte!...
Don Gesualdo, accasciato sulla seggiola, colla chic-