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tratto si udì bussare al portone e una voce che gridava:

— Comare Diodata, aprite! Correte, subito! Andate a vedere, che vostro marito si è presa una schioppettata!... lì, nella farmacia!...

Diodata corse così come si trovava, a testa scoperta, urlando per le strade. In un momento la casa di don Gesualdo fu tutta sottosopra. Venne anche il barone Zacco, sospettoso, inquieto, masticando le parole, guardandosi dinanzi e di dietro prima d’aprir bocca.

— Avete visto? È fatta! Hanno ammazzato il marito di Diodata!

Don Gesualdo allora si lasciò scappare la pazienza.

— Che ci posso fare io? Mi mancava anche questa! Che diavolo volete da me?

— Ah, cosa potete farci?... Scusate! Credevo che doveste ringraziarmi... se vengo subito ad avvertirvi... pel bene che vi voglio... da amico... da parente...

Intanto sopraggiungeva dell’altra gente. Zacco allora andava a vedere chi fosse, socchiudendo l’uscio dell’anticamera. Ogni momento si udiva sbattere il portone, tanti scossoni per la povera ammalata. A un certo punto Zacco venne a dire, tutto stravolto:

— A Palermo c’è un casa del diavolo... La rivoluzione... Vogliono farla anche qui... Quel briccone di Nanni l’Orbo doveva farsi ammazzare giusto adesso!...