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lutto nel paese. Ninì è un pezzo che mi predica: Giuseppina mia, dobbiamo andare a vedere come sta mia cugina... Gl’interessi sono una cosa, ma la parentela poi è un’altra...

— Dunque, — riprese don Gesualdo, — questa bella pensata di pigliarci sottomano le terre del comune chi l’ha fatta?

Allora non fu più il caso di fingere. Donna Giuseppina tornò a discorrere del fermento che c’era in paese, della rivoluzione che minacciavano. Il barone Zacco si agitò, facendo segno col capo a don Gesualdo.

— Eh? eh? Cosa vi ho detto or ora?...

— Infine... — conchiuse donna Giuseppina, — è meglio parlarci chiaro e darci la mano tutti quelli che abbiamo da perdere...

E tornò su quella birbonata di sminuzzare le terre del comune fra i più poveri, in tante briciole, un pizzico per ciascuno, che non fa male a nessuno!... Essa rideva così che le ballava il ventre dalla bile.

— Ah??? — esclamò il barone pavonazzo in viso, e cogli occhi fuori dell’orbita. — Ah??? — E non disse altro Don Gesualdo rideva anche lui.

— Ah? voi ridete, ah?

— Cosa volete che faccia? Non me ne importa nulla, vi dico!

Donna Giuseppina rimase stupefatta: — Come!...