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biera. — Ho visto il progetto, sì, al palazzo di città! Dicono che il comune ci guadagna, e ciascuno avrà il suo pezzo di terra.

Allora don Gesualdo cavò fuori la tabacchiera, fiutando un agguato.

— Cioè? cioè?

— Don Gesualdo! — chiamò la serva dall’uscio. — Un momento, vossignoria....

— Fate, fate pure il comodo vostro! — disse donna Giuseppina. — Non abbiamo premura. Aspetteremo.

— La padrona! Vuol parlare con vossignoria!

— Eh? Che vogliono? Che dicono? — L’assalirono subito i Zacco appena don Gesualdo entrò nella stanza dell’inferma. — Son io che ho mandato a chiamarvi, — disse il barone col sorriso furbo.

Ma lui non rispose, chino sulla moglie, la quale s’aiutava cogli occhi e con quella povera mano pallida e scarna che diceva per lei:

"No!... Non vi mettete con colui.... se volete darmi retta una volta sola.... Non vi mettete insieme con mio cugino Rubiera, voi!... Guardate che vi parlo in punto di morte!...„

Aveva la voce afonica, gli occhi che penetravano, così lucenti e fissi. Zacco che si era chinato anche lui sul letto per udire, esclamò trionfante:

— Benedetta! parla come una che vede al di là!