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il guanciale la mano scarna e pallida che sembrava quella di una bambina, per far segno al marito d’avvicinarsi. Don Gesualdo s’era chinato su di lei e accennava di sì col capo. Il barone vedendo che non era più il caso di misteri parlò chiaro:
— Non verrà! Don Ferdinando è diventato proprio un ragazzo. Non capisce nulla, poveretto!... Bisogna compatirlo. Diciamola qui, fra noi parenti.... Che gli sarebbe mancato?... Un cognato con tanto di cuore, come questo qui!...
L’inferma agitò di nuovo in aria quella mano che parlava da sola.
— Eh? Che dice? Cosa vuole? — domandò il barone.
Donna Lavinia, la maggiore delle ragazze, s’era alzata premurosa per servirla in quel che occorresse. Donna Marietta, l’altra sorella, tirò invece il papà per la falda. Bianca s’era chiusa in un silenzio che le affilò come un coltello il viso smunto, sì che il barone stesso se ne avvide e mutò discorso.
— Domeneddio alle volte ci allunga i giorni per farci provare altri guai.... Parlo della baronessa Rubiera, poveretta! Eh?.... Vivere per vedersi disfare sotto i propri occhi la roba che s’è fatta!... senza poter dire una parola nè muovere un dito.... eh?... eh? Suo figlio è una bestia. La nuora gli conta i bocconi che mangia!... Com’è vero Iddio! Non vede l’ora di