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gue, dopo tanto tempo, avevano dimenticato le chiacchiere corse sui due cugini. Però invidiavano mastro— don Gesualdo il quale era arrivato a quel posto, e donna Bianca che aveva fatto quel gran matrimonione. La sua figliuola sarebbe arrivata chissà dove! Donna Agrippina Macrì e le cugine Zacco saettavano occhiate di fuoco sul cappellino elegante d’Isabella, e sui salamelecchi che le faceva il duca di Leyra, inguantato, con un cravattone di raso che gli reggeva il bel capo signorile, giocherellando con un bastoncino sottile che aveva il pomo d’oro. La signora Capitana fece osservare a don Mommino Neri, il quale era diventato un rompicollo, dopo la storia della prima donna:
— E’ inutile! Basta guardarlo un momento, per saper con chi avete da fare. Dirà magari delle sciocchezze adesso... Ma è il modo in cui le dice!... Ogni parola come se ve la mettesse in un vassoio...
Il signor duca andò poi a presentare i suoi omaggi in casa Motta. Don Gesualdo si fece trovare nel salotto buono. Avevano lavorato tutto il giorno a dar aria e spolverare, le serve, lui, mastro Nardo. Il signor duca, colla parlantina sciolta, discorreva un po’ di tutto, di agricoltura col padrone di casa, di mode con le signore, di famiglie antiche col marchese Limòli. Egli aveva sulla punta delle dita tutto l’almanacco delle famiglie nobili del-