Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 392 — |
rado La Gurna. Donna Sarina Cirmena, impaurita, tenne la lingua a casa anche lei.
Intanto il marchese lavorava sottomano a cercare un marito per Isabella. Era figlia unica; don Gesualdo per amore o per forza, avrebbe dovuto darle una bella dote; e colle sue numerose relazioni era certo di procurarle un bel partito. Ne scrisse ai suoi amici; ne parlò alle persone che potevano aiutarlo in simili faccende, il canonico Lupi, il notaro Neri. Quest’ultimo gli scovò finalmente colui che faceva al caso: un gran signore di cui il notaro amministrava i possessi, alquanto dissestato è vero nei suoi affari, ingarbugliato fra liti e debiti, ma di gran famiglia, che avrebbe dato un bel nome alla discendenza di mastro-don Gesualdo. Quando si venne poi a discorrere della dote con quest’ultimo fu un altro par di maniche. Lui non voleva lasciarsi mangiar vivo. Neanche un baiocco! Il suo denaro se l’era guadagnato col sudore della fronte, la vita intera. Non gli piaceva di lasciarsi aprir le vene per uno che doveva venire da Palermo a bersi il sangue suo.
— Di dove volete che venga dunque, dalla luna? Caro mio, queste son parole al vento. Sapete com’è? Vi porto un paragone a modo vostro, per farvi intendere ragione: La grandine che vi casca nella vigna... Una disgrazia che vi capita nell’armento... Bisogna mandare alla fiera la giovenca che si è rotte le