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mastro-don Gesualdo! Siete la vergogna di tutto il parentado!...

— Ah! ah! la vergogna. Andate là che avete ragione a parlare di vergogna, voi!... mezzana! Ci avete tenuto mano anche voi! Siete la complice di quel ladro!... Bel mestiere alla vostra età! Vi farò arrestare insieme a lui, donna Sarina dei miei stivali! donna... cosa, dovrebbero chiamarvi!

Sopraggiunse lo zio Limòli, nonostante i suoi acciacchi, pel decoro della famiglia, per cercare di metter pace anche lui, colle buone e colle cattive. — Non fate scandali! Non strillate tanto, ch’è peggio! I panni sporchi si lavano in casa. Vediamo piuttosto d’accomodare questo pasticcio. Il pasticcio è fatto, caro mio, e bisogna digerirselo in santa pace. Bianca! Bianca, non far così che ti rovini la salute... Non giova a nulla...

Don Gesualdo partì subito a rompicollo per Caltagirone. Voleva l’ordine d’arresto, voleva la Compagnia d’Arme. Lo zio marchese dal canto suo provvide a quello che c’era di meglio da fare, con prudenza ed accorgimento. Prima di tutto andò a prendere subito la nipote, e l’accompagnò al monastero di Santa Teresa, raccomandandola a una sua parente. La gente di casa, un po’ colle minacce, un po’ col denaro, furono messi a tacere. Poco dopo giunse come un fulmine da Caltagirone l’ordine d’arresto per Cor-