Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
— 382 — |
IV.
Cessata la paura del colèra, appena ritornato in paese, don Gesualdo s’era vista arrivare la citazione della sorella, autorizzata dal marito Burgio, che voleva la sua parte dell’eredità paterna — di tutto ciò che egli possedeva — una bricconata; adducendo che quei beni erano stati acquistati coi guadagni della società, di cui era a capo mastro Nunzio; e che adesso voleva appropriarsi tutto lui, Gesualdo, — lui che li aveva avuti tutti quanti sulle spalle, sino a quel giorno! che aveva dovuto chinare il capo alle speculazioni sbagliate del padre! ch’era stato la provvidenza del cognato Burgio nelle malannate! che pagava i debiti del fratello Santo all’osteria di Pecu— Pecu! — anche Santo lo citava per avere la sua quota, aveva fatto parte della società anche lui, quel fannullone! — Ora lo svillaneggiavano per mezzo d’usciere; gli davano del ladro; volevano mettere i sigilli; sequestrargli la roba. Lo trascinavano fra le liti,