Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/382


— 374 —

a fare alla sorgente... — Don Gesualdo, fuori dei gangheri, tagliò corto a quei discorsi sciocchi.

— Scusate, donna Sarina. Mia moglie non capisce più niente... Diventano tutti così nella sua famiglia... Doveva toccare a me!...

Isabella invece s’era fatta pallida come un cadavere. Ma non si mosse, non disse nulla, una vera Trao, col viso fermo e impenetrabile. Ricambiava anche gli abbracci e i saluti affettuosi della zia, sforzandosi di sorridere, con una ruga sottile fra le ciglia. Poi, quando fu sola, a un tratto, con un gesto disperato, si strappò la gorgierina che la soffocava, con un’onda di sangue al volto, un abbarbagliamento improvviso dinanzi agli occhi, una fitta, uno spasimo acuto che la fece vacillare, annaspando, fuori di sè.

Voleva vederlo, l’ultima volta, a qualunque costo, quando tutti sarebbero stati a riposare, dopo mezzogiorno, e che alla casina non si moveva anima viva. La Madonna l’avrebbe aiutata: — La Madonna!... la Madonna!... — Non diceva altro, con una confusione dolorosa nelle idee, la testa in fiamme, il sole che le ardeva sul capo, gli occhi che le abbruciavano, una vampa nel cuore che la mordeva, che le saliva alla testa, che l’accecava, che la faceva delirare: — Vederlo! a qualunque costo!... Domani non lo vedrò più!... più!... più!... — Non sentiva le spine; non sentiva i sassi del sentiero fuori mano che aveva preso