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l'affacciarsi che fece Burgio, sbadigliando e stirandosi le braccia.

— Massaro Fortunato!... venite qua, venite! — chiamò in quel punto la moglie colla voce alterata.

Gesualdo chino sul lettuccio del genitore, lo chiamava, scuotendolo. La sorella, arruffata, discinta, che sembrava più gialla in quella luce scialba, preparavasi a strillare. Infine Burgio, dopo un momento, azzardò la sua opinione: — Signori miei, a me sembra morto di cent’anni.

Scoppiò allora la tragedia. Speranza cominciò a urlare e a graffiarsi la faccia. Santo, svegliato di soprassalto, si dava dei pugni in testa, fregandosi gli occhi, piangendo come un ragazzo. Il più turbato di tutti però era don Gesualdo, sebbene non dicesse nulla, guardando il morto che guardava lui colla coda dell’occhio appannato. Poi gli baciò la mano, e gli coprì la faccia col lenzuolo. Speranza, inconsolabile, minacciava di correre al paese per buttarsi nella cisterna, di lasciarsi morir di fame: — Cosa ci fo più al mondo adesso? Ho perso il mio sostegno! la colonna della casa! — Quel piagnisteo durò la giornata intera. Inutilmente il marito per consolarla le diceva che don Gesualdo non li avrebbe abbandonati. Erano tutti figli suoi, orfanelli bisognosi. Santo col viso sudicio guardava or questo e or quello come aprivano bocca. — No! — s’ostinava Speranza. —