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I Margarone partirono subito per Pietraperzia; tutti ancora in lutto per don Filippo, morto dai crepacuori che gli dava il genero don Bastiano Stangafame, ogni volta che gli bastonava Fifì se non mandava denari. Annebbiavano una strada.

Il barone Mèndola, che faceva la corte alla zia Sganci, se la condusse a Passaneto, e ci prese le febbri, povera vecchia. Zacco e il notaro Neri partirono per Donferrante. Era uno squallore pel paese. A ventitrè ore non si vedeva altri lungo la via di San Sebastiano che il marchese Limòli, per la sua solita passeggiatina del dopopranzo. E gli fecero sapere anzi che destava dei sospetti con quelle gite, e volevano fargli la festa al primo caso di colèra.

— Eh? — disse lui. — La festa? Ci avete a pensar voialtri, che vi tocca pagar le spese. Io fo quello che ho fatto sempre, se no crepo egualmente.

E alla nipote che lo scongiurava di andar con lei a Mangalavite:

— Hai paura di non trovarmi più?... No, no, non temere; il colèra non sa che farsene di me.

Mentre Bianca e la figliuola stavano per montare in lettiga, giunse la zia Cirmena, disperata.

— Avete visto? Tutti se ne vanno! I parenti mi voltano le spalle!... E m’è cascato addosso anche quel povero orfanello di Corrado La Gurna... Una tragedia a casa sua!... Padre e madre in una notte...