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vano addosso, raso di fresco, seduto sul canapè accanto alla mamma Margarone, come uno sposo, facendo scivolare di tanto in tanto un’occhiata languida e sentimentale verso la ragazza, lisciandosi i baffoni novelli che non volevano piegarsi. Donna Fifì, al vedere giungere la Rubiera, si ringalluzzì, superbiosa, tubando sottomano col forestiero per farle dispetto.

— Oh, oh, — disse il marchese, salutando don Bastiano ch’era rimasto un po’ grullo. — Siete ancora qui? Bene! bene!

Ed incominciò a discorrere col capitano, intanto che le signore chiacchieravano tutte in una volta, domandandogli perchè la Compagnia d’Arme fosse partita senza di lui, se aveva intenzione di fermarsi un pezzetto, se era contento del paese e voleva lasciare le spalline. Don Bastiano si teneva sulle generali, lodando il paesaggio, il clima, gli abitanti, sottolineando le parole con certi sguardi espressivi rivolti a donna Fifì, la quale fingeva di guardare fuori dal balcone cogli occhi pieni di poesia, e chinava il capo arrossendo a ciascuno di quei complimenti, quasi fossero a lei dedicati. Il marchese domandò a un tratto che n’era di don Filippo, e gli risposero che era uscito per condurre a spasso Nicolino.

— Ah, bene! bene!

La Rubiera si morsicava le labbra aspettando che