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— E' vero che tuo marito gli presta dei denari... sottomano?... L’hai visto venire qui, da lui?... Di’, che ne sai?

— Certo, certo, — rispose in quel punto don Gesualdo. — I figliuoli bisogna pigliarseli come vengono. — Zacco a conferma mostrò le sue ragazze, schierate in fila come tante canne d’organo, modeste e prosperose. — Ecco! io ho cinque figliuole, e voglio bene a tutte egualmente!

— Sicuro! — rispose Limòli. — È per questo che non volete maritarle.

Donna Lavinia, la maggiore, volse indietro un’occhiata brutta. — Ah, siete qui? — disse il barone. — Siete sempre presente come il diavolo nelle litanie, voi!

Il marchese, che doveva essere il padrino, si era messa la croce di Malta. Don Luca venne a dire che il canonico era pronto, e le signore passarono in sala, con un gran fruscìo di seta, dietro donna Marianna la quale portava la bambina. Dall’uscio aperto vedevasi un brulichìo di fiammelle. Don Ferdinando, in fondo al corridoio, fece capolino, curioso. Bianca dalla tenerezza piangeva cheta cheta. Suo marito ch’era rimasto ginocchioni, come gli aveva detto la Macrì, col naso contro il muro, si alzò per calmarla.

— Zitta... Non ti far scorgere!... Dinanzi a coloro bisogna far buon viso...

Tutt’a un tratto scoppiò giù in piazza un crepitìo