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La baronessa continuava a ridere, e Ciolla le teneva dietro, tutti e due guardandosi in viso, cogli occhi soli rimasti serii.
— No? Non ci andate? Avete ragione! Guardatevi da quell’uomo! Non vi dico altro! Vostro figlio è una bestia!... Non vi dico altro!...
— Mio figlio ha la sua roba ed io ho la mia... Se ha fatto delle sciocchezze mio figlio pagherà, se può pagare.... Io no però! Pagherà lui, col fatto suo, con quelle cinque stanze che avete visto.... Non ha altro, per disgrazia.... Ma io la mia roba me la tengo per me.... Son contenta che mio figlio si diverta.... E’ giovane.... Bisogna che si diverta.... Ma io non pago, no!
— Quello che dicono tutti. Mastro— don Gesualdo crede d’essere furbo. Ma stavolta, se mai, ha trovato uno più furbo di lui. Sarebbe bella che gli mantenesse l’amante a don Ninì!... Gli parrebbe di fare le sue follìi di gioventù anche lui!...
La baronessa, dal gran ridere, andava tenendosi ai mobili per non cadere. — Ah, ah!... questa è bella!... Questa l’avete detta giusta, don Roberto!... — Ciolla le andava dietro fingendo di ridere anche lui, spiandola di sottecchi, indispettito che se la prendesse così allegramente. Ma Rosaria, mentre veniva a pigliar la tela, vide la sua padrona così pallida che stava per chiamare aiuto.
— Bestia! Cosa fai? Perchè rimani lì impalata?