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— Non ci reggo, no! — borbottò Canali. E scappò via, giusto nel momento che risuonavano gli applausi.

— Che comica, eh? Che talento? — esclamò don Filippo smanacciando lui pure. — Peste!... maleducato!...

Nicolino impaurito sgambettava e cacciavasi verso l’uscio a testa in giù, strillando che voleva andarsene. Un terremoto giù in platea. Tutti in piedi, vociando e strepitando. La prima donna ringraziava di qua e di là, dimenando i fianchi, saettando il collo a destra e a sinistra al pari di una testuggine, mandando baci e sorrisi a tutti quanti sulla punta delle dita, colle labbra cucite dal rossetto, il seno che le scappava fuori tremolante ad ogni inchino.

— Sangue di!... corpo di!... — esclamò Canali che era tornato ad applaudire. — Son maritato!... son padre di famiglia!... Ma farei uno sproposito!...

— Papà mio! papà mio! — proruppe allora donna Fifì, scoppiando a piangere addosso al genitore. — Se mi volete bene, papà mio, fatemi bastonare a dovere quella sgualdrina!...

— Eh?... — balbettò don Filippo rimasto a bocca aperta e con le mani in aria. — Che ti piglia adesso?

Donna Bellonia, Mita, Giovannina, tutte insieme si alzarono per calmare Fifì, circondandola, spingendola in fondo, verso l’uscio, per nasconderla. Nei palchi dirimpetto, giù in platea, vi fu un ondeggiare di te-