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— Avete pensato a ogni cosa, eh, don Luca?
— Sissignore. Il catafalco, le bandiere, tante messe quanti preti ci sono. Ma chi paga?
— Andate! andate! — interruppe vivamente la Cirmena, spingendo per le spalle il sagrestano verso la camera del morto, dove cresceva il trambusto.
— Mi dispiace! — osservò la zia Macrì alzandosi per vedere dov’era arrivato il sole. — Mi dispiace che si fa tardi, e a casa mia non c’è nessuno per preparare un boccone.
Uscì don Luca dalla camera del morto, turbato in viso.
— E’ un affar serio... Bisognerà portarla via per amore o per forza!... Vi dico ch’è un affar serio!
— E’ permesso? Si può?
Era il vocione del cacciatore che accompagnava la baronessa Mèndola, col cappello piumato, le calze imbottite di noci. La vecchia, senza bisogno di udir altro, diritta e stecchita come un fuso, andò a prendere il suo posto fra i parenti che al suo apparire s’erano taciuti, seduti intorno sui seggioloni antichi, col viso lungo e le mani sul ventre. La baronessa guardava intorno, gridando a voce alta:
— E la Rubiera? e la cugina Sganci? Ora che si fa? Bisogna avvertire il parentado per le esequie...
— Eccola lì! — disse donna Sarina all’orecchio