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All’udir gente nella piazzetta, dal portone dei Trao, che rimbombò come una cannonata, uscì correndo don Luca:

— Signor barone!... sta per morire vostro cugino don Diego!... solo come un cane!... Non c’è nessuno in casa!...

Rimpetto al palazzo nero e triste dei Trao splendeva il balcone lucente dei Margarone, e in quella luce disegnavasi l’ombra di donna Fifì, rammentandogli un’altra ombra che soleva aspettarlo altra volta alla finestra del palazzo smantellato. Don Ninì se ne andò frettoloso, a capo chino, portandosi seco negli occhi i ricordi di quella finestra chiusa e senza lume.

— Bella porcheria!... Me lo lasciano sulle spalle!... a me solo! — brontolò don Luca tornando nella camera del moribondo.

Don Ferdinando stava seduto a piè del letto, senza dir nulla, simile a una mummia. Di tanto in tanto andava a guardare in viso suo fratello; guardava poi don Luca, stralunato, e tornava a chinare il capo sul petto. Alla sfuriata del sagrestano però si rizzò all’improvviso, quasi gli avessero dato uno scossone, e domandò piano, con la voce assonnata di uno che parli in sogno:

— Dorme?

— Sì, dorme!... Andate a dormire voi pure, se volete!...