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padrone ansante e trafelato si mise a tremare come una foglia.
— Che volete da me a quest’ora?... Per l’amor di Dio! lasciatemi in pace, don Gesualdo!... Se torna mio marito!... È uscito or ora, per cogliere quattro fichi d’India!... qui accanto.
— Bestia! — disse lui. — Ho altro pel capo! Ci ho la giustizia alle calcagna!...
— Che c’è? — chiese Diodata spaventata.
Egli colla mano le fece segno di star zitta. In quel momento tornò correndo compare Nardo; la gamba di legno si udiva da lontano sull’acciottolato.
— Eccolo!... eccolo che viene!...
Entrò Nanni l’Orbo, torvo, colla canna da cogliere i fichi d’India in spalla, e gli occhi biechi che fulminavano di qua e di là. Invano Diodata, colle braccia in croce giurava e spergiurava.
— Padron mio! — esclamò Nanni — a che giuoco giuochiamo? Questa non è la maniera!...
— Bestia! — gridò infine don Gesualdo, scappandogli la pazienza. — Ho la forca dinanzi agli occhi, e tu vieni a parlarmi di gelosia!
Allo strepito accorsero i vicini — Lo vedete? — ripigliò Nanni infuriato. — Che figura fo dinanzi a loro, padron mio? In coscienza, quel po’ che avete dato a costei per maritarla è una miseria, in confronto della figura che mi fate fare!