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conoscere alla voce, è inutile nascondersi e sudare come bestie!

Ogni momento andava voltandosi, temendo di essere spiati. Arrivati nella via di San Giovanni videro un’ombra che andava in su verso la piazza, e il canonico disse piano:

— Vedete?... È uno dei nostri!... Va dove andiamo noi.

Era in un magazzino di Grancore, giù nelle stradicciuole tortuose verso San Francesco, che sembravano fatte apposta. Una casetta bassa che aveva una finestra illuminata per segnale. Si bussavano tre colpi in un certo modo alla porticina dove si giungeva scendendo tre scalini; si attraversava un gran cortile oscuro e scosceso, e in fondo c’era uno stanzone buio dove si capiva che stava molta gente a confabulare insieme dal sussurrìo che si udiva dietro l’uscio. Il canonico disse: — È qui! — e fece il segnale convenuto.

Tutti e due col cuore che saltava alla gola. Per fortuna in quel momento giunse un altro congiurato, imbacuccato come loro, camminando in punta di piedi sui sassi del cortile, e ripetè il segnale istesso.

— Don Gesualdo, — disse il notaro Neri cavando il naso da una gran sciarpa. — Siete voi? Vi ho riconosciuto al canonico che sembra un cucco, poveraccio!