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Il notaro si volse di qua e di là, come cercasse per terra, si calcò il cappello in capo definitivamente, e volse le spalle:

— Salute a chi rimane!... Ce ne andiamo... Non abbiamo più nulla da fare.

Il canonico, ch’era stato ad ascoltare a bocca aperta, si strinse al socio con entusiasmo, appena rimasero soli.

— Che botta, eh? don Gesualdo! Che tomo siete voi!... La mia mezzeria ci sarà sempre?

Don Gesualdo rassicurò il canonico con un cenno del capo, e disse a Margarone:

— Signor don Filippo, andiamo avanti...

— Io non vo niente affatto! — rispose finalmente Margarone adirato. — La legge dice... Non c’è più concorrenza!... Non trovo garanzia!... Devo consultare i miei colleghi. — E si mise a raccogliere gli scartafacci in fretta e in furia.

— Ah! così si tratta?... è questa la maniera?... Va bene! va benone! Ne discorreremo poi, signor don Filippo... Un memoriale a Sua Maestà!... — Il canonico col mantello sul braccio come un oratore romano, perorava la causa dell’amico minaccioso. Don Gesualdo invece, più calmo, riprese il suo denaro e il taccuino zeppo di cifre: — Io sarò sempre qua signor don Filippo, quando aprite di nuovo l’asta.

— Signori miei!... guardate un po’... a che siam giunti! — brontolava Margarone. Per la scala del Pa-