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vania. Invano il canonico, inquieto, gli soffiava all’orecchio:
— Non la spuntate, no!... Si son dati l’intesa fra di loro!... — A sei onze e quindici la salma!... ultima offerta!...
— Don Gesualdo! don Gesualdo! — gridò il notaro quasi stesse per crollare la sala.
Rientrarono nuovamente in processione: il barone Zacco facendosi vento col cappello; il canonico e Canali ragionando fra loro due a bassa voce; don Ninì, più restìo, in coda agli altri. Il notaro con le braccia fece un gesto circolare per radunarli tutti intorno a sè:
— Don Gesualdo!... sentite qua!
Volse in giro un’occhiata da cospiratore e abbassò la voce:
— Una proposta seria! — e fece un’altra pausa significativa. — Prima di tutto, i denari della cauzione... una bella somma!... La disgrazia volle così... ma voi non ci avete colpa, don Gesualdo... e neppure voi, mastro Nunzio... È giusto che non li perdiate!... Accomoderemo la cosa!... Voi, signor barone Zacco, vi rincresce di lasciare le terre che sono da quarant’anni nella vostra famiglia?... E va bene!... La baronessa Rubiera adesso vuole la sua parte anche lei?... ha più di tremila capi di bestiame sulle spalle... E va bene anche questa! Don Gesualdo, qui, ha denari