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— Cinque onze e sei! — replicò il baronello senza dar retta, guardando in giro trionfante.
— Cinque e quindici.
Don Ninì si fece rosso, e aprì la bocca per replicare; ma il notaro gliela chiuse con la mano. Margarone stimò giunto il momento di assumere l’aria presidenziale.
— Don Gesualdo!... Qui non stiamo per scherzare!... Avrete denari... non dico di no... ma è una bella somma... per uno che sino a ieri l’altro portava i sassi sulle spalle... sia detto senza offendervi... Onestamente... “Guardami quel che sono, e non quello che fui„ dice il proverbio... Ma il comune vuole la sua garanzia. Pensateci bene!... Sono circa cinquecento salme... Fanno... fanno... — E si mise gli occhiali, scrivendo cifre sopra cifre.
— So quello che fanno, — rispose ridendo mastro-don Gesualdo. — Ci ho pensato portando i sassi sulle spalle... Ah! signor don Filippo, non sapete che soddisfazione, essere arrivato sin qui, faccia a faccia con vossignoria e con tutti questi altri padroni miei, a dire ciascuno le sue ragioni, e fare il suo interesse!
Don Filippo posò gli occhiali sullo scartafaccio; volse un’occhiata stupefatta ai suoi colleghi a destra e a sinistra, e tacque rimminchionito. Nella folla che pigiavasi all’uscio nacque un tafferuglio. Mastro Nunzio Motta voleva entrare a ogni costo, e andare a
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