Pagina:Mastro-don Gesualdo (1890).djvu/190


— 182 —

atroci, colle braccia l’uno al collo dell’altro, come due fratelli messi in allegria dal vino bevuto. Una baldoria che fece ridere anche lo stesso don Gesualdo.

— Son come le bestie! — diss’egli rientrando. — Non dar retta, cara Bianca!

— Un momento! — strillò la zia Cirmena respingendolo colle mani, quasi egli stesse per farle violenza. — Non potete entrare adesso! fuori! fuori!

E gli chiuse l’uscio sul muso.

Diodata risalì di corsa in quel punto, scalmanata, colle lagrime agli occhi.

— Don Gesualdo!... Non vogliono lasciarmi andare pei fatti miei!... Li sentite, laggiù?... compare Nanni e tutti gli altri!...

— Ebbene? Che c’è? Non dev’essere tuo marito?...

— Sissignore... Dice per questo!... ch’è il padrone... Non mi lasciano andare in pace!... tutti quanti!

— Aspetta! aspetta, che piglio un bastone!

— No! no! — gridò Nanni dalla strada. — Ce ne andiamo a casa. Nessuno la tocca.

— Senti? Nessuno ti tocca. Vattene... Che fai adesso?

Essa, stando due scalini più giù, gli aveva presa la mano di nascosto, e andava baciandola come un vero cane affezionato e fedele: — Benedicite!... benedicite!...