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— Buona notte! buona notte! Non ci pensare! Andrò da loro domattina... E fra nove mesi, ricordati bene, voglio essere invitato di nuovo pel battesimo... il canonico Lupi ed io... noi due soli... Non ci sarà neppure bisogno della cugina Cirmena!...

— Poca brigata, vita beata! — conchiuse l’altro.

Don Gesualdo li accompagnò sino all’uscio, solleticato internamente dai complimenti del canonico, il quale non finiva dal dirgli che aveva fatto le cose ammodo: — Peccato che non sieno venuti tutti gli invitati! Avrebbero visto che spendete da Cesare. Mi sorprende per la signora Sganci!... Anche la baronessa Rubiera sarebbe stata contenta di vedere come le rispettate la nipote... che non siete di quelli che hanno il pugno stretto... giacchè dovete esser soci fra poco.

— Eh! eh! — rispose don Gesualdo che si sentiva ribollire in quel punto i denari male spesi. — C’è tempo! c’è tempo! Ne deve passare prima dell’acqua sotto il ponte che non c’è più... Diteglielo pure, alla signora baronessa.

— Come? come? Se era cosa intesa? Se dovete esser soci?

— I miei soci son questi qua! — ripetè don Gesualdo battendo sul taschino. — Non vorrei che la signora baronessa Rubiera avesse a vergognarsi d’avermi per compagno... diteglielo pure!

— Ha ragione! — aggiunse il marchese ferman-