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tutti gli altri sien più minchioni di voi. Prima fate lo gnorri, non ci sentite da quell’orecchio, e poi, al bisogno, quando vi casca la casa addosso, mi venite dinanzi con quella faccia.

— Sarà il caldo... saranno tutti quegli uccelli... — balbettò l’altro un po’ scombussolato. — Vorrei vedervi nei miei panni, signor canonico! — esclamò infine.

— Nei vostri panni... sicuro... mi ci metto! Voglio farvi vedere e toccar con mano chi vi vuol bene o no! Eccomi con voi. Pensiamo a quest’affare del ponte prima... a salvare la cauzione... con un sussidio del comune. Andremo adesso dal capitano... e dai giurati che non ci sarebbero contrari... Peccato che il barone Zacco abbia già dei sospetti per l’affare della gabella!... Lasciatemi pensare...

Mentre terminava di legarsi il mantello al collo andava raccogliendo le idee, colle sopracciglia aggrottate, guardando in terra di qua e di là.

— Ecco! Io vo prima dalla signora Sganci... no! no! non le dico nulla per adesso! qualche parola così in aria... in via accademica... Mi basta che donna Marianna scriva due righe al capitano. Quanto alla baronessa Rubiera posso dormire fra due guanciali... è come se fosse la vostra stessa persona, se mi promettete... Ma badiamo, veh!...

E il canonico sgranò gli occhi. Don Gesualdo stese la mano verso il crocifisso.