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capo. Mastro Nunzio, sull’uscio, coi pugni rivolti al cielo, lanciava fuoco e fiamme.

— Giuda Iscariota! Santo diavolone! Doveva venire adesso questa grazia di Dio!...

Ciascheduno diceva la sua. Dei vicini, venuti per vedere; dei viandanti che volevano passare il fiume, e aspettavano, al riparo, con la schiena alla fiammata.

— Evviva voi! Avete fatto un bel lavoro! Tanti denari spesi! I denari del comune!... Ora ci tocca aspettare chissà quanto, prima di vedere un altro ponte.... O com’era fatto, di ricotta?

— Questi altri, adesso!... Arrivate giusto nel buon momento!... Volete che faccia scendere Dio e i santi di lassù?...— sbraitava mastro Nunzio.

Gesualdo, lui, non diceva nulla, con la faccia color di terra, seduto su di un sasso, le mani fra le cosce, penzoloni. Quindi prese a sfogarsi col manovale.

— Guarda quella carogna! Mi lascia fuori la mula, con questo tempo! Poltronaccio! Nemico del tuo padrone!

— Non vi disperate, vossignoria! — piagnucolò Nardo dal suo cantuccio. — Finchè c’è la salute, il resto è niente!...

Gesualdo gli lanciò addosso un’occhiata furibonda.

— Parla bene, lui... che non ha nulla da perdere!...

— No, no, vossignoria!... Non dite così, che il Signore vi gastiga!...