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— No, no, dormite, zio Carmine.
Diodata gli andava dietro passo passo, con voce umile e sottomessa:
— Perchè v’arrabbiate, vossignoria?... Cosa vi ho detto?...
— M’arrabbio colla mia sorte!... Guai e seccature da per tutto... dove vado!... Anche tu, adesso!.. col piagnisteo!... Bestia!... Credi che, se mai, ti lascerei in mezzo a una strada... senza soccorsi?...
— Nossignore... non è per me.... Pensavo a quei poveri innocenti....
— Anche quest’altra?... Che ci vuoi fare! Così va il mondo!... Poichè v’è il comune che ci pensa!... Deve mantenerli il comune a spese sue... coi denari di tutti!... Pago anch’io!... So io ogni volta che vo dall’esattore!...
Si grattò il capo un istante, e riprese:
— Vedi, ciascuno viene al mondo colla sua stella.... Tu stessa hai forse avuto il padre o la madre ad aiutarti? Sei venuta al mondo da te, come Dio manda l’erba e le piante che nessuno ha seminato. Sei venuta al mondo come dice il tuo nome... Diodata! Vuol dire di nessuno!... E magari sei forse figlia di barone, e i tuoi fratelli adesso mangiano galline e piccioni! Il Signore c’è per tutti! Hai trovato da vivere anche tu!... E la mia roba?... me l’hanno data i genitori forse? Non mi son fatto da me quello che sono?