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Gaetano fece per alzarsi, ma si sentì così debole che ricadde sulla sedia.
Un lungo specchio a viticci era inchiodato al muro della sua stanza e propriamente in faccia all’uscio d’ingresso. Questo specchio era quello appunto in cui Gaetano si era mirato la prima notte che passò a Sorrento... Il seggiolone sul quale al presente ci stava seduto era voltato con le spalle alla porta e però situato quasi di contro allo specchio.
Poco stante che egli era ricaduto in sulla sedia spossato di forze, i suoi occhi incontraron la propria immagine riflettuta sul cristallo dello specchio.
— Oh! chi è mai quello spettro vestito da sposo? Io! io! Non fu dunque un sogno il mio! Fu realtà! realtà!
Dicendo queste parole, il suo sguardo era fissato sullo specchio...
Ed ecco vide passare in quello varie ombre... erano i servi del casino... Qualcuno recava nelle mani una tazza, qualche altro un ampolla, un terzo due guanciali: quelle ombre erano anche esse vestite come per festa, ma passavano asciugandosi gli occhi... Era quel moto, quell’affaccendarsi tacito e solenne di una famiglia, nel seno della quale si muore un caro individuo...
Gaetano non istaccava un momento le pupille da maniaco da quel quadro che gli riverberava nel cervello un panorama di morte... Nulla ei comprendeva.... ma la realtà sorgea nella sua mente sempre più luminosa e terribile; la scena della sera precedente si levava as-