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macchinalmente sulle distanti colline rivestite de’ primi sfumi della luce; il cuor di lui trasalì... Le sue mani afferrarono i bracciuoli del seggiolone su cui stava seduto, e guardò attorno come chi è sorpreso nella sua distrazione.

— È giorno! Questa parola fu mormorata piuttosto che profferita dal figliuolo di Nunzio — Orrendo sogno! Notte esecrata!

Il suo sguardo cadde poscia sull'abito nuziale che aveva addosso.

— Oh! la mia ragione! la mia ragione! sciamò il misero toccandosi la fronte, io non mi ricordo niente più! Oggi è il giorno delle mie nozze! Oggi è il 29 giugno!! Sì... l’orrenda scena dell’anello fu un sogno! Qui, su questa sedia, ho dovuto sognare che io era per toccar l'apice dell’umana felicità, che Beatrice era mia sposa, che il marchese Rionero era mio padre, che il letto nuziale, cosparso di fiori, di profumi e di veli, aspettava due esseri invidiabili, Beatrice e me, sposi legittimi, benedetti da Dio e dal mondo!... Quella camera era un tempio di luce e di amore... Un ministro di Dio avea strette le nostre mani... lo aveva passato allora alla destra di Beatrice l’anello... Ahi quel l’anello fu rubato dal padre mio, rubato alla madre di Beatrice... Parmi che il Marchese mi avesse maledetto! Parmi che la sposa mia si morisse!.. Oh, la mia ragione, la mia ragione! Dio, salva la mia ragione... Se questo non fu orrendo sogno, io son matto, sì, son demente, perchè quello che mi è accaduto, non poteva accadermi! No, sarebbe troppo orribil cosa!»