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comitiva, e molti si contesero l’onore di tener alzato il coltrone della porta grande per darle passaggio libero. Il Marchese fu largo inverso tutti di benevola parole, di doni e di limosine; tutt’i poverelli gli baciavan la mano e si prostravan reverenti e affettuosi.
Fu offiziata la messa cantata, la quale venne da tutti udita con divozione e raccoglimento.
Gaetano si era alcun poco appartato dal resto della comitiva per abbandonarsi con più agio e solitudine alle meditazioni che gl’ispirava la solennità di quel giorno, il più bello della sua vita...
I religiosi accordi dell’organo, le preci dei fedeli le quali si levavano al cielo in tutta la semplicità del loro linguaggio parlavano al cuor di Gaetano una favella divina, ignota, che gli metteva il pianto negli occhi. Un raggio di sole, scappato dalla lanterna della cupola, veniva a riposarsi sul capo di Beatrice. Quell’aureola di polve d’oro dava a’ lineamenti di questa fanciulla un’incantevole trasparenza e castità. Gaetano la contemplava con beatitudine, con rispetto, e dal fondo del suo cuore partì un inno di grazie all’Eterno.
Il desinare fu lietissimo e condito di quella giocondità che deriva a’ cuori dalla virtù e dallo scambievole amore.
La mensa era imbandita con isquisitezza di gusto. Varie credenze a scalee eran messe d’attorno alla mensa, su i gradi delle quali erano schierati in bell’ordine bottiglie di vini oltramontani, vasolini di fiori, fontane di siroppa-