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no acquistato il loro movimento, la loro espressione, la loro anima. Quanto può esser bella una mortal creatura, era bella Beatrice e così bella, che non si potea riguardarla senza provare un turbamento inesprimibile. Quelle pupille aveano un linguaggio così malinconico, un moversi così lento e caro, partiva da esse tanta dolcezza, che Gaetano si rimaneva estatico a contemplarla, e beveva in quella contemplazione un fiume di amore, che gli mettea l’anima sossopra. Di tempra aitante contro le più dure prove della vita, Gaetano si sentiva fiacco, spossato, ridotto al nulla al cospetto di quella donna, che era tutto il suo universo, tutta la sua vita, tutta l’anima sua. Rimirando la fanciulla, il suo petto era anelante, il suo volto infiammato, ardente il suo cervello.

— Beatrice, le disse Gaetano dopo un lungo silenzio, nella calma solenne di questo cielo, nella placidezza di questa incantevol serata, vi dovrà sorprendere e affliggere lo spettacolo del le procelle del cuore; la vostra anima sì innocente e composta non potrà comprendere il linguaggio delle bollenti passioni. Ma quanto più il cielo che si spiega sul nostro capo è sereno, tanto più sento bruciarmi il cuore. Questo olezzo de’ fiori, questo tepore di aurette, questa luce pregna di tanti misteri non fanno che saettarmi il cervello e mordermi i nervi. Quando voi eravate cieca, il vostro sguardo non mi facea ribollire il sangue, non mi rendea matto...

Ah, sì, Beatrice, tu sei troppo bella; le tue pupille mi scottan la fronte; oh, non guardarmi, non gettar lo scompiglio nella mia ragione.