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vunque con sicurezza, questa volta parea che temesse di dare un passo: era stata per qualche tempo in una stupida immobilità, ed a grande stento la ti potè rimuovere alquanto, obbligandola quasi a camminar nella sua camera. L’avresti detta una bimba che tenta i primi passi; ella piangea senza motivo e restava talvolta con le mani congiunte in atto di preghiera.

Benchè ella sapesse che la camera in cui stava era più piccola della casa, non potea rendersi ragione del perchè la casa le paresse più grande della camera.

Per qualche tempo non potè persuaderai che i paesaggi dipinti rappresentassero corpi solidi, e stimavali tanti piani diversamente colorati, ed allora che le si disse esser quelle figure di oggetti, ella volle toccarli, e non trovando altro che superficie, domandò se era la vista o il tatto che l’ingannava.

La prima persona che le si presentò poscia ebe riacquistato avea il supremo senso del corpo, fu Geltrude. Nel vederla, Beatrice mise un grido di gioia e di sorpresa, e le addimandò paurosa chi ella si fosse.

Geltrude le baciò la mano, versandovi sopra una lagrima di tenerezza, le disse di esser ella Geltrude, colei che tenuta le avea lungo di madre per molti anni, e quindi le chiose il permesso di abbracciarla.

Beatrice l’attirò nelle sue braccia e si sciolse in copiose lagrime.

— Grazie, grazie, amica mia, madre mia...