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Gli amici di Amedeo intanto avean raccolta la lettera cascata a terra, e vi avean letto questa sola riga:

Signor Cavaliere — Un vostro amico vi avverte che il medico inglese Oliviero Blackman non è morto.

L’eccesso del dolore avea fatto cadere in deliquio Amedeo; gli amici il circondavano, gli gettavano acqua in su gli occhi, vi soffiavan su come per rimuovere la cagione dell’infiammazione.

— Presto gli si arrechi una dozzina di mignatte, ordinò Lionelli.

— Si salassi, diceva un altro.

— Gli si faccia fiutare un po’ di aceto o di etere.

— Sbottonategli la giubba, sfibbiategli il corpetto, sligategli la cravatta, gridava un quarto.

E tutti si davan da fare, menavan le mani, stavan sopra al Cavaliere, e lo animavano a confidenza nell’aiuto della medicina.

Gaetano guardava con sogghigno questo affaccendarsi di tutti, ed i torbidi suoi occhi si fissarono indi sul Cavaliere.

— A voi, dottore, gli diceano gli amici di Amedeo, vedete di che si tratta; che razza di male è questo che ha colto di botto il povero Amedeo... Ei dice che una polvere è scappata dalla lettera.

— Sogno di ebbro, disse freddamente Gaetano; questa non è che una furia di sangue; lasciate che osservi i suoi occhi.