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Gli amici si alzarono e corsero a lui, gli addimadaron che fosse, ma il cavaliere Amedeo si avea coperti gli occhi con ambo le mani, e mettea gridi di dolore.
Furon chiamati i servi.
— Gli occhi!... gli occhi!... gridava Amedeo... non so... una polvere infernale è scappata da quella lettera!... Ah!... mi sento arder le pupille... presto... un aiuto... un medico!...
Non avea terminato di dir questa parola e Gaetano si mostrava sotto l’uscio del salone.
— Il medico è qua, diss’egli.
— Questa voce! sclamò atterrito Amedeo, di chi è questa voce?..
— Di Oliviero Blackman, rispose questi con pacatezza.
— Oliviero Blackman, mormorò atterrito Amedeo, a che venite?
— Non avete chiesto un medico?
— Questa, lettera... è tua; ora indovino; parla, uomo diabolico, che mettesti in quella carta?
— Non so quello che diciate signor Cavaliere, non so di lettere, non so niente, ero venuto per semplice visita; saprete che sono stato ammalato.
Durante questo breve dialogo, i servi di Amedeo avean recato un bacino pieno d’acqua e uno sciugatoio, il cui becco aveano inzuppato nell’acqua, e andavano sfregandone gli occhi del Cavaliere, il quale si contorcea pel dolore, stringeva i denti, corrugava la fronte e non potea schiuder le palpebre.