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la sua salute. Queste variazioni di temperamento si spiegavano col variare che facea il male di Beatrice cento volte al giorno.

Ben può il lettore immaginarsi quello che provava il povero Gaetano. Alla pena indicibile che gli cagionava il deperimento d’una salute a lui sì cara, si univa il crepacuore di non aver potuto ancora discoprire la natura del male che pur lentamente mieteva i giorni dell’adorata fanciulla. Standovi sopra col pensiero giorno e notte, spiando con uno sguardo profondo e indagatore ogni movimento dell’ascoso nemico che serpeggiava nel seno di Beatrice e che involava alle ricerche della scienza, il medico non avea potuto formare che vaghe ed incerte congetture. Era la prima volta in sua vita che la natura nascondeva agli occhi di lui la sua opera devastatrice: la scienza lo abbandonava nella più solenne congiuntura della sua vita. Egli avea giurato al Marchese di ridonare a Beatrice la smarrita salute. Oh quante volte, egli avea fatto di simiglianti giuramenti, sicuro di sè medesimo e nella piena certezza di conoscere il male e di allontanarlo. Ma Gaetano dovea passare per tutt’i gradi dell’espiazione morale della sua vita passata: la superbia del dotto doveva essere fiaccata, infranta, umiliata; Gaetano doveva confessare la propria ignoranza a petto di un male che attossicava l’esistenza della sola creatura che egli avesse amata in sulla terra, morti i suoi. Oh quante migliaia di esistenze a lui indifferenti Gaetano avea strappate dalle fauci della tom-