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la riponeste male... Iddio ci accorda questo momento di solitudine in queste sale dove tutto è sorriso all’apparenza, e dove nissuno può sospettare che vi sieno due cuori che tanto soffrono... Dite, Beatrice, dite quello che vi ange; non temete, io sono pronto a sacrificar tutto alla vostra felicità... Se il titolo di mia moglie fa montare il rossore sulle vostre guance, se esso è la cagione della tristezza che vi opprime, ditemelo Beatrice, ditemelo chi sa! Io forse avrei la forza di rinunziarvi! Io ho giurato nel mio cuore di rendervi felice a qualunque costo, anche col sacrificio della mia vita! Dimmelo, Beatrice, parlami nella candidezza dell’anima tua; se la mia deformità t’ispira un sentimento di avversione che il tuo cuore non sa vincere, dimmelo, perchè io potrei...

— Che! signore! esclamò Beatrice, voi...

— Tutto potrei, Beatrice, per istrappare la tristezza dall’anima vostra. Se la mia mano ha oprato un prodigio nel ridonarvi la vista, un prodigio oprerei per dichiarar nullo il nostro matrimonio e restituirvi la felicità...

— Oh la felicità!... Essa mi sfugge con la vita, mormorò Beatrice; uomo generoso, io non arrossisco del titolo di tua moglie, anzi ne superbisco, la cagione della mia tristezza è ignota a me medesima... Io non so quello che provo nell’anima mia, ma sento che nulla potreste fare per dissipare il presentimento che ho di una prossima fine.

In sul terminar di questa frase che giunse a stento all’orecchio di Gaetano, tanto era fioca