Pagina:Mastriani - La cieca di Sorrento 2.djvu/129


— 129 —


Si giunse in Napoli. Era la prima volta che la fanciulla udiva il rumore della capitale e vedea tanta gente per le strade, tanti bei palagi, tante sontuose botteghe, tanti cocchi di leggiadre donne, tanto affaccendarsi di pedoni. Le piazze ricche d’ogni maniera di cibi, i caffè ricolmi di gente, i magazzini popolati da tutto ciò che il lusso sa inventare di più ricercato, immergeano l’anima della giovinetta in tal sorpresa che stupida e silenziosa ella guardava da per ogni dove. La strada di Toledo, la riviera di Chiaia le arrecavano maraviglia e piacere. Carolina le spiegava tutto ciò che ella sembrava non capire, le nominava le strade più notevoli, i palagi più rinomati, le chiese ove maggiormente si ammirano i capilavori delle arti belle.

Il marchese Rionero e il conte Franconi discorreano tra loro nella carrozza. Il primo si applaudiva di aver avuto il pensiero di aver fatto visitar la capitale dalla figliuola, imperocchè sul volto di lei spuntava il colore della salute e negli occhi la gioia.

Ma Gaetano avea fissato il suo sguardo sulla giovine donna ed era tutto inteso a spiarne i pensieri. Egli non si era lasciato facilmente illudere dal fuggevol sorriso che era spuntato sulle labbra di lei; quella specie di momentanea vivacità che animava gli occhi di lei non ingannava l’amore di Gaetano, il quale vedea nel fondo dell’anima della fanciulla un’ambascia che gli squarciava l’anima per non poter indagarne la cagione. Egli era però distratto e silenzioso; poco interloquiva a’ ragionamenti