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ma indarno, perocchè morta sembrava ogni vivacità nella fanciulla.

Il marchese Rionero pensò di sviare la tristezza della figliuola, menandola un giorno nella capitale.

Benchè Gaetano non avesse in suo cuore acconsentito a questa risoluzione del Marchese, non ne fece motto, imperocchè la costui volontà gli era ormai legge. D’altra parte, il medico vedeva in questa distrazione un mezzo sicuro di far svanire la malinconia della giovinetta, la quale, concentrata nel più cupo silenzio, passava i dì accanto a Carolina, che inutilmente si studiava di ricondurre la diletta amica a quella cara confidenza, onde le loro anime per lo addietro reciprocamente si espandeano.

Beatrice amava sempre la figlia del Conte, ma una pena segreta le stava nel cuore ella dissimulava, studiandosi di non lasciarla iscorgere.

La gita alla capitale fu fissata e mandata ad effetto.

Un bel mattino il marchese Rionero, Gaetano, il conte Franconi, Beatrice e Carolina traevano in elegante carrozza alla volta di Castellammare, dove, smontati, presero posto nella strada di ferro.

Beatrice si trovava io un mondo novello... Mille impressioni l’assalivano, mille svariati sentimenti le facevano palpitare il cuore, e, durante tutto quel cammino, i suoi occhi si erano animati, e la sua anima sembrava assorta e rapita da quell’avvicendarsi di grate sensazioni.